Il Suono del Silenzio

 

Ci sono vari motivi per cui la canzone introduttiva, oggi, è proprio questa. Dico, specificatamente questa versione, cantata da questo youtuber, a metà tra il meme e la roba seria. Giuro che ci arrivo, prima o poi.

Dunque. Penso onestamente che la cosa più difficile di questo scritto, sia stato iniziarlo. Non perchè mancasse l’ispirazione o perchè non volessi buttare ciò che provavo nero su bianco, ma perchè dovevo fare una cosa davvero idiota: darmi il PERMESSO di scriverlo.

E’ un problema che ho riscontrato soprattutto nelle donne. Non nel senso che geneticamente siano predisposte ad averlo, ma che probabilmente la società è strutturata apposta per far pesare loro la capacità di parlare.

Prima di cominciare a picchiare i tasti, ho avuto due milioni di pensieri diversi. E se lei ti venisse a dire qualcosa? E se gli amici ti riprendessero? Cosa diranno i tuoi iscritti? Se la famiglia vedesse, cosa penserebbe di te?

E tutti sti pensieri sono pesati non come un macigno, come una MONTAGNA. Sembrava davvero che per potermi mettere sul mio cazzo di blog personale a sputar sangue, dovessi avere la carta bollata e l’autorizzazione scritta da non si sa quale ente morale.

Invece, VAFFANCULO, stavolta ho fatto una cosa diversa. Stavolta mi sono detto, ‘nessun artista chiede mai il permesso’. Magari qualcuno chiede perdono, ma già significa che la scultura è stata scolpita, la canzone incisa, il libro stampato.

Adesso io non so quale sia la definizione di arte o di artista, e a essere onesto me ne frega meno di zero. Se esiste gente come Young Signorino, se persino lui ha avuto le palle di presentarsi come si è presentato e fare quel che ha fatto, allora sicuramente io non devo rendere conto a nessuno per sta roba. Quindi, cazzo, difendo a colpi di pistola e di machete il mio diritto ad avere uno spazio, ed intasarlo con la merda che reputo più opportuna – perchè è MIO, e qui dentro nessuno ha il diritto di dirmi cosa fare, o come farla.

Stabilito il cosa, andiamo ora ad analizzare il perchè.

Io sto scrivendo perchè sto male.

Sono in modalità Earthquake da più o meno tre giorni. Sto scrivendo perchè ho il cervello che bolle, il cuore in tachicardia, perchè le mie ghiandole sparano sostanze nel mio sangue che mi fanno tremare, perchè non riesco a fare a meno di pensare, perchè i miei sogni sono infettati, perchè la stessa aria che respiro mi sembra pesante.

Io, circa un mese fa, ho interrotto una relazione sentimentale. E mentre sto scrivendo, nell’ultima ora del 19 giugno 2018, penso che oggi sarebbe stato il mio primo anniversario con la mia ex. E questo pensiero è uno dei più laceranti che io abbia mai avuto, che io riesca a ricordare.

‘Hello Darkness, my old friend, I’ve come to talk with you again’. Oscurità, mia vecchia amica, sono tornato a parlarti. Perchè una visione un po’ da brividi ha lasciato i suoi semi mentre dormivo, e la visione che mi è stata piantata nel cervello, continua a permanere, assieme al suono del silenzio.

Ho 31 anni. Senz’altro non è la mia prima relazione che ha avuto termine, magari non sarà nemmeno l’ultima. Eppure, anche se questa cosa l’ho vissuta altre volte, è sempre come la prima, per un meccanismo difensivo del cervello che entra in azione anche durante i lutti: dato che il dolore è troppo per essere gestito, viene sepolto, dimenticato, rimosso.
Perchè altrimenti, se tutti i giorni ci si alzasse e si vivesse da zero la consapevolezza che tuo nonno non ti stringerà più, che quell’amico non condividerà più con te il suo salotto, che la persona che hai amato con tutto te stesso non ti farà più compagnia, si impazzirebbe. Per una questione di pura sopravvivenza, ognuno trova il proprio antidoto in un sacco di cose diverse. Nell’alcool, nella droga, nelle scopate occasionali, negli amici che ti distraggono, nell’ammazzarsi di lavoro, nei viaggi, nei concerti. In ogni caso, è sempre una questione di tempo.

Leo Ortolani, in un suo fumetto, scriveva nelle note conclusive che, nel momento in cui ci si lascia, “nella vostra testa scatta un conto alla rovescia. Che scandisce con precisione anni, mesi, giorni, ore, minuti e secondi che dovrete soffrire per amore, prima di ricominciare a vivere. E la condanna è diversa da persona a persona.” E quando si è finito di scontarla, si sente la voce “‘non si può morire dentro’. E’ la voce del risveglio, il momento in cui la sofferenza lascia spazio alla speranza.”

Sono arcisicuro che a me manchi ancora parecchio, per sentire quella voce. E non mi sento in colpa per questo: non sono una cazzo di macchina, non ho il tastino ‘on/off’ sull’empatia o sui sentimenti: ho detto ti amo e ho dimostrato fedeltà a una singola persona per un casino di tempo, e smettere di farlo da un giorno all’altro ha un peso mostruoso, ed è un cambiamento che per sedimentarsi ci mette un sacco.

Non avete idea di quante puttanate io abbia letto sull’argomento, nella mia vita. Quante volte io ci abbia scritto sopra, quanti trattati di medicina abbia spulciato. Le cinque fasi del dolore, che a volte sono sette. La psicologia e la cultura zen. Nonostante tutto ciò, io sono ora fermamente convinto che questo sia il dolore interiore più intenso che io abbia mai provato. E lo capisco perchè il mio corpo sta fisicamente male: il mio intestino è completamente paralizzato, non ho fame, ho perso sangue dal naso due volte, non ho mangiato nulla ma ho vomitato succhi gastrici. E’ come se avessi un cancro e stessi cercando di liberarmene attraverso ogni tipo di mezzo possibile. Tutto nell’ultimo giorno, tutto a partire dalla scorsa mezzanotte. Aspettavo questo collasso, che è arrivato, puntuale come le tasse e la morte. Mi son premunito di non andare in streaming apposta perchè sapevo sarebbe successo.

Nonostante tutto questo, anche se sono convinto che manchi poco, so che devo ancora toccare il fondo. So che devo vivere in maniera totale e piena questa disperazione, so che devo ancora sentirmi completamente annientato da questa sensazione di catastrofe, che devo arrivare a sperare di essere morto. Dopodichè sarà una lenta rinascita e un lento ricostruirsi, mentre tento di celare tutto quanto dietro una schifosa maschera che chiunque sia dotato di un minimo di empatia è in grado di bucare.

E’ abbastanza ironico il fatto che lei abbia, come alter ego virtuali, nomi che si adattano perfettamente a questo mio essere. Sono un allegro ragazzo morto, che per qualche motivo riesce ancora a vivere la sua quotidianità, ma si sente privo d’anima. Nella mente, sento un continuo inquinamento acustico, un ronzio, un white noise di sottofondo fastidiosissimo che si insinua e copre tutto il resto nel momento in cui ogni altro suono cessa. Il Sound of Silence, per l’appunto. Una mancanza assordante di rumore, una consapevolezza che ti schiaccia cuore e cervello e ti rende incapace anche solo di andare in cucina a prepararti da mangiare.

In questi giorni rifuggo ogni contatto, non gioco, a malapena lavoro, e ogni volta che posso, tento di annebbiare la mente con qualcosa che spero duri un numero di minuti necessario ad arrivare al sonno successivo. La partita di calcio che dura 90 + 15, una puntata di Dr House che ne dura 40, una doccia che ne dura 10. Questa mattina ho fatto le sei, ho visto l’alba, e ho pensato ‘finalmente posso dormire’, perchè quando chiudi gli occhi il cervello riesce a resettarsi e a iniettare nel sistema nervoso un po’ di sostanze che permettano il tuo svegliarsi la mattina dopo.

In tutto questo devasto irrazionale, mi consolo pensando che sia normale. Che qualunque sia il modo in cui la mia ex stia gestendo la fine di questa relazione, è probabilmente il migliore per lei. Che se non stiamo più assieme, è probabilmente per il meglio. So che vorrei chiederle scusa per migliaia di motivi, e nella mia rabbia, vorrei le sue scuse per altri milioni. Cerco qualcuno a cui dare la colpa di tutto questo, sapendo che è impossibile, semplicemente perchè non c’è.

Anche quando sollevo lo sguardo, riesco solo a vedere i pezzi di quel che era e non sarà più: cambiamento, si dice, ed il cambiamento è positivo. Ma in questo momento significa solo sapere che una determinata lista di cose mancheranno, per un lungo periodo, forse per sempre. Guardare nei suoi occhi dal colore indefinibile, salutare le sue cagnoline, sentir ridere le sue amiche, sentirla parlare dei suoi hobby e dei suoi sogni. Giocare assieme al pc, pianificare vacanze e concerti, regalarsi cose viste per caso durante i viaggi, sentirla dire cazzate, avvertire il suo odore, quel modo di baciare che non ha mai avuto nessun’altra ragazza, e che nessun’altra avrà mai.

In questa lotta contro me stesso, la mia mente e i miei sentimenti, c’è un pugno ristrettissimo di persone che sceglie di starmi vicino, a proprio rischio e pericolo. Amiche e amici, persino tizi che ho visto poche volte nella vita, mi cercano, mi destano dal mio torpore, mi invitano a giocare, mi chiedono se ho mangiato, se sto bevendo abbastanza, se mi sono ricordato di aprire le finestre o tirare l’acqua.

A volte i loro consigli sono azzeccati, altre volte nemmeno li ascolto. Un paio mi hanno detto di ‘stuprare la tastiera’ e sfogarmi, altri mi hanno detto di distaccarmi, tenermi tutto dentro, distrarmi e pensare ad altro.
‘Fools’, said I, ‘you do not know? Silence like a cancer grows.’
Perchè io non sono così, e non sarò mai così. Per me il silenzio non è mai la soluzione. Anche se le mie parole dovessero rivelarsi gocce di una pioggia a catinelle, che nessuno è in grado di ascoltare, almeno le voglio pronunciare. Anche se dovessi litigare con qualcuno, o venir preso in giro per ciò che ho fatto, voglio avere la consapevolezza che per me era giusto affrontare la situazione così. Voglio non avere rimpianti, e crearmi una cicatrice o un tatuaggio così profondi e indelebili da non poter essere mai cancellati.

Per questo sono venuto sul mio blog a schiantare il mio dolore su un muro virtuale. Perchè per mestiere faccio il saltimbanco, perchè sono bravo a far ridere la gente, perchè aiuto tutti quelli che posso, ma una volta l’anno devo provare a prendermi cura di me stesso. Il tizio della canzone in alto è uno che fa solo parodie musicali, ma per il pesce d’aprile, ha deciso di prendersi sul serio e urlare al mondo che volendo è in grado di annichilire chiunque con la sua voce e la sua perizia tecnica, in una sorta di auto contrappasso, di ossimoro vissuto al limite.

Allo stesso modo, io voglio prendere ciò che provo, e sfogarlo tramutandolo in qualcosa. Voglio far sapere che sono in grado di star male in un modo atroce, che sto usando ogni mia risorsa per spremere questa sensazione fino allo stremo, che voglio passare sopra ogni sfumatura e arrivare al limite, che per me amare e rimanere senza amore sono sensazioni da tuoni e fulmini. Che la persona con cui stavo, nella mia testa e nel mio cuore, ha meritato tutto questo. L’avessi amata poco, ora non starei scrivendo nulla.

Non ho mai rifiutato a nessuno un ‘ti amo’, un abbraccio, un perdono, perchè so che le cose possono terminare e, finchè ci sono, tanto vale viverle al massimo.

Il mio modo di fare, la cosa giusta per me, è sempre stata quella di cavarmi il cuore dal petto, metterlo all’interno di un tubo di piombo, e fare fuoco, usandolo come se fosse una palla di cannone.

E aspettare che torni il silenzio. Cercando poi, tra la polvere e le macerie, una ragione per rimanere vivo.

Lascia un commento