3 Minutes Choice

In questi giorni, non mi sento bene.

E’ un dato di fatto. Posso nasconderlo, posso pensare ad altro, posso andare alle feste e bere fino a stordire le mie preoccupazioni, ma la realtà lampante che viene sempre fuori ogni volta che sono solo con la mia testa, è che non sono felice.

Non nel senso ‘la mia vita è una merda, nessuno mi vuole bene’; nel senso che esistono un sacco di alti e bassi nel corso dell’esistenza, e in questo istante, in questo periodo di una settimana o un mese o quel che è, io non mi sento bene. Sono preoccupato, triste, faccio incubi, mangio poco e mi lascio andare anzichè tenere sotto controllo la mia vita.

Mi è capitato, una giornata, di avere solo tre minuti liberi. Ho cercato quindi nella mia playlist una canzone che durasse meno di tre minuti, e nonostante l’allegra nostalgia del motivetto, aveva un testo davvero triste.

Mia madre spesso mi racconta una storia, che mi viene sempre in mente in momenti come questo: la storia di mio nonno Angelo. Preso in prigionia in un posto nei pressi dell’ Himalaya, ha semplicemente rifiutato di smettere di esistere come essere umano: e tutte le mattine, nonostante il freddo glaciale, si faceva una doccia, e si faceva la barba.
E in quel ricettacolo di gente proveniente da ovunque, ha imparato tutte le lingue che poteva, fino a guadagnarsi un posto come interprete. In pratica, da una situazione potenzialmente catastrofica, è riuscito a far fronte a ogni difficoltà per mezzo dell’autodisciplina e della forza di volontà. E anche della sua intelligenza, che è qualcosa che può aiutarti, se la sfrutti nella giusta maniera.

Quindi, trovatomi braccato da cattivi pensieri, mi sono rifugiato in me stesso e ho cominciato a riflettere per trovare una soluzione a questo mio malessere.

Una delle prime cose che mi sono detto, è che non è giusto lasciare che l’umore o i problemi altrui influenzino la mia serenità. E’ giusto essere empatici, pensare al prossimo e aiutare chi non riesce a tirarsi fuori dalla merda, ma bisogna avere una microdose di egoismo per riuscire non solo a sopravvivere, ma a vivere. In fondo, quando sei negli aerei e ti danno le istruzioni prima di decollare, te lo dicono sempre: in caso di emergenza, prima assicurarsi di avere ben fissa la maschera per respirare, e solo dopo apprestarsi ad aiutare il vicino. Perchè, per quanto possiamo essere altruisti, se non siamo nelle condizioni di aiutare noi stessi, probabilmente non abbiamo nemmeno la forza o la capacità per aiutare qualcun altro.

Successivamente, quindi, ho pensato: come posso aiutare me stesso? Cosa sono bravo a fare, cos’è che mi dà soddisfazione e può direttamente influenzare la mia persona per mano mia? E la risposta è, scrivere. Com’era quella canzone? ‘Io devo scrivere perchè sennò sclero, non mi interessa che tu condivida il mio pensiero. Non cammino sulle nubi come Wonder Boy – mi credi il Messia? Sono problemi tuoi!’

Io so scrivere. Io ho la capacità di fare introspezione, guardare dentro me stesso, cacciarmi una mano nel petto, schiantare le mie sensazioni su una tastiera, e tramutarle in testo. Non sono bravo come i disegnatori, che le sanno effettivamente rappresentare visivamente, ma posso almeno descriverle. E quando andavo in psicoterapia, in fondo non è che facessi qualcosa di diverso: tiravo fuori cosa avevo dentro, lo mettevo su un tavolo, e lo osservavo da un altro punto di vista, per vedere se doveva essere buttato, o potevo farci qualcosa di differente.
Quindi, mi sono messo davanti al pc, e ho cominciato a scrivere questa cosa che state leggendo in questo momento, come una sorta di training autogeno.

Successivamente ho ascoltato il mio corpo. Cosa sentivo? Sentivo fame. La soluzione qual era? Fare la spesa per comprare del cibo.
Ho preso altre mele verdi che le avevo finite, delle banane non ancora mature, tre noci di cocco, e ingredienti per farmi la carbonara. ‘Domani voglio provare a farne una variante’, ho pensato, ‘mettendo nel soffritto della pancetta l’aglio e le cipolle: magari viene una merda, magari no. Ma voglio provarci. E il giorno dopo voglio provare a fare la pasta col pangrattato, che se lo abbrustolisci viene una figata’.

Ho continuato in questo percorso. ‘Cosa mi piace fare?’, mi sono domandato. Risposta: mi piace guardare serie TV. ‘Sarà meglio mi riguardi Sense8, che tra l’altro ci volevo scrivere sopra la prima volta’. Due piccioni con una fava.

‘Cos’altro ti piace, Max?’ A me piacciono le stelle.
Quindi mi son guardato un video dal canale di Adrian, ho ascoltato ‘Space Oddity’ suonata dall’astronauta Chris Hadfield, e ho letto qualche pagina del mio immenso libro di astronomia in spagnolo che non ho mai finito. E mi son sentito più piccolo, ma anche più grande, e per la prima volta in un sacco di tempo, ho autonomamente sorriso.

E poi? ‘E poi ti piace ascoltare musica, Max. E’ forse la tua cosa principale’.
E ho attaccato i Motorhead. E ho smetallato per un’ora e mezza a fare air drumming di fronte ai video su Youtube, finchè le braccia non hanno iniziato a farmi male. E durante la notte, ho guardato un DVD che non guardavo da anni, con dentro un concerto degli Iron Maiden. E sono andato a dormire, e al mio risveglio ho controllato il mio polso, ed ero vivo. E respiravo bene, e avevo un tetto sopra la testa. E non mi ero dovuto mettere la sveglia, e fuori non stava piovendo.

E in poche ore, quasi senza rendermene conto, avevo tirato una spallata, un calcio, una fucilata a questo macigno immenso che avevo sopra la testa. E non ho risolto la mia vita, e so che ancora molte cose non vanno, e so che mi manca la mia ragazza, che ancora per qualche giorno siamo lontani, che ci sarano problemi da risolvere. Ma so che tra poco la rivedo! So che ho degli amici, so che stasera sarò dai miei fratelli per festeggiare e mangiare assieme, so che sono quasi tornato a 150, che non importa quanto lungo sia ‘sto maledetto tunnel oscuro: so che se continuo a camminare e ad andare avanti, prima o poi arriverò dall’altra parte e respirerò aria buona.

Ci sono due modi per vivere la solitudine. Uno consiste nel sentire la mancanza del mondo, l’altro nel godersi la temporanea pace di cui questa pazza vita così spesso tenta di privarti.

E credo davvero, onestamente, che il tutto si riduca a una scelta. Se non vuoi, trovi una scusa. Altrimenti trovi una ragione.

Io voglio essere me stesso, unirmi alle persone che amo, e tornare nei posti a cui appartengo.

E nei prossimi tre minuti liberi, la canzone che voglio ascoltare è questa.

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